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mattina presto.
Per tutta la durata della colazione Christopher, come il giorno prima, senza aprir
bocca né accennare alcun gesto, non ha staccato gli occhi dal pube di Emmanuelle.
Quello sguardo l'ha eccitata con la stessa tenerezza di una bocca.
Tuttavia, quando si è seduta, non ha osato schiudere le gambe perché l'osserva-
tore potesse vedere le sue labbra interiori e, ad onta della sua amicizia per Jean, vo-
lesse possederla.
Poi s'è rifatta della virtù dell'amico di Jean e del suo pudore, dopo che i due uo-
mini se n'erano andati, immaginando scene ancora più ardenti del solito.
Aveva indugiato più del solito fantasticando di farsi sorprendere da Bee in quel-
l'atteggiamento: arcuata contro il grande schienale flessibile della sua poltrona, le
mani che suonavano il suo sogno sul violino nero e carnoso del suo sesso, i talloni
ancorati alla ringhiera di legno che la proteggeva dal rischio di una caduta sotto nelle
aiuole, dove il giovane giardiniere innaffiava instancabile i gelsomini e i suoi Bou-
dcla-raksa.
Che se ne sarebbe fatta di tutta quella nudità finita in mezzo a un giardino così
ben tenuto e ordinato? In mancanza di Bee, si dice Emmanuelle adesso, se almeno ci
fosse stato Christopher al posto del giardiniere! Peccato, sospira, bah! Sarà per un'al-
tra volta.
Oggi sarebbe rimasta tra donne...
Era ben ora che Bee arrivasse, però.
Emmanuelle era disposta, certo, a lasciarle il tempo di togliersi di dosso il sapo-
re di Marie-Anne, ma non ci avrebbe impiegato il giorno intero! Comunque attese
ancora a lungo, armata della forza e della pazienza dell'amore.
Poi quel che in lei fino a quel momento aveva rifiutato di arrendersi cedette per
gradi e non le restò altro, alla fine, se non debolezza e sofferenza.
Un'amarezza sconosciuta la sommerse.
La fiducia che fino ad allora l'aveva sostenuta lasciò il posto a una depressione
così totale che nel suo pensiero non ci fu posto se non per premonizioni sinistre, gor-
ghi, passione, vertigine.
Bee non verrà mai più.
Non mi vuole più vedere.
Che importano i motivi! Contano solo l'abbandono e la solitudine di Emmanuel-
le.
L'amava tanto! Aveva l'impressione di essere giunta fin lì, in capo al mondo, al
solo scopo d'incontrare Bee.
Al primo sguardo l'aveva riconosciuta come colei che attendeva da sempre.
L'avrebbe seguita ovunque.
Avrebbe lasciato tutto per lei, se Bee l'avesse voluto.
Ma Bee non avrebbe chiesto alcunché.
Ed Emmanuelle non avrebbe più avuto occasione di offrirle quel che era così
pronta a darle.
Sì, l'avrebbe cancellata dai ricordi! Avrebbe dimenticato il volto perfetto e i ca-
pelli di fuoco e la voce soffocata che le diceva: «Anch'io ti voglio bene.» Per la pri-
ma volta da quando era piccolissima, vere lacrime, grosse lacrime, le scorrono sul
volto, le bagnano le labbra e le salano la lingua, scivolando sulla balaustra della ter-
razza da cui non riesce a staccarsi.
Emmanuelle piange, rivolta vanamente allo squarcio tra le foglie dove tra un
minuto, stasera, forse domani, non importa quando, quando così vorrà, Bee compari-
rà e le farà segno...
Quella sera Jean e Christopher la condussero a teatro.
Cosa dessero, non lo seppe mai.
Il suo volto esprimeva tutto il suo dolore; il marito non le fece domande, e Chri-
stopher, che non capiva nulla di quanto accadeva, s'immalinconì quasi quanto Em-
manuelle.
Quando si ritrovò sola tra le braccia di Jean, nel loro letto, pianse di nuovo tutte
le sue lacrime.
Dopo, si sentì un po' meglio, e fu con meno dolore che confessò il suo amore in-
felice.
Il parere di Jean era che Emmanuelle prendeva l'avventura troppo sul tragico.
Innanzitutto, nulla dimostrava che il mancato arrivo di Bee, oggi, non fosse do-
vuto a circostanze fortuite, e che l'assente non sarebbe ricomparsa il giorno dopo con
una scusa perfettamente valida.
Se, tuttavia, era vero che non voleva più rivedere Emmanuelle, allora era lei a
non meritarla, a non meritare le sue lacrime.
Meglio che il loro legame finisse subito, poiché, di certo, avrebbe potuto riser-
vare ad Emmanuelle solo delusioni e angosce più gravi.
Ad ogni modo, Emmanuelle doveva pensare a se stessa come a qualcuno che si
corteggia, e non qualcuno che corre appresso alle altre.
Per quanto bella Bee potesse essere, Jean non l'aveva mai vista né mai ne aveva
sentito parlare prima, di certo non possedeva un quarto della grazia e delle qualità di
sua moglie.
Ed egli non permetteva che questa si umiliasse davanti a Bee.
La sola risposta che l'infedele si meritava, se credeva di poter mercanteggiare i
suoi favori, era che Emmanuelle si prendesse la rivincita in altre braccia: non avrebbe
dovuto faticare a trovare amiche più degne di quella, e doveva dimostrarlo a Bee
quanto prima.
Emmanuelle lo ascoltava docilmente.
Ha ragione, pensava, senza che il suo dolore ne fosse veramente placato.
Nella misura, tuttavia, in cui poteva accettare di ascoltare un altro parlare di
consolarsi o di vendicarsi, Emmanuelle era un po' distratta dalla sua tristezza, che già
le sembrava più confusa, non fosse che per effetto del sonno.
Non seppe mai se il suo ultimo pensiero, prima di cadere nell'incoscienza, era
stato per l'amante fuggitiva oppure per coloro, ancora senza volto, che un giorno l'a-
vrebbero sostituita.
Per il gusto di Jean nessuno dei vestiti che Emmanuelle si era fatti fare in Fran-
cia era abbastanza scollato.
«Ma se sono la parigina che mostra di più i seni!» aveva protestato la moglie ri-
dendo.
«Quel che Parigi chiama mostrare i seni è ancora troppo accollato per Ban-
gkok,» aveva esclamato il marito. «Tutta questa gente deve sapere che hai il seno più
bello del mondo: e il miglior mezzo per convincerli resta quello di metterglielo sotto
gli occhi.»
Il vestito scelto per il ricevimento all'ambasciata assolveva perfettamente a que-
sto compito.
La scollatura rotonda che si riuniva, in fondo alle spalle, sottolineando con la
sua grande curva la bellezza del collo di Emmanuelle, copriva soltanto la punta dei
suoi seni: bastava si chinasse minimamente in avanti o si sedesse, perché il seno ap-
parisse per intero.
Inoltre la stoffa di lamé era così sottile e così aderente alla pelle da rivelare e di-
segnare in rilievo ogni sottoveste: dunque Emmanuelle non portava nulla sotto il ve-
stito, neanche uno dei suoi diafani slip.
Già a Parigi, da quando si era sposata, era difficile si mettesse uno slip quando
si vestiva per uscire la sera: sentirsi così nuda le procurava un piacere fisico, come
una carezza.
Questa sensazione era ancora più forte se doveva danzare, o se indossava una
gonna corta e fluttuante.
Stasera il suo vestito era stretto come un guanto dalla vita all'inguine, ma si al-
largava improvvisamente verso il basso in una sorta di spirale, di ampiezza impreve-
dibile.
Emmanuelle si lasciò cadere in una poltrona per mostrare come a questo atto la
gonna si rialzasse da sola, rivelando le cosce dorate.
Lo spettacolo offerto era così graziosamente impudico che Jean non vi resistette,
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