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ne quando mi sono accorto di aver dimenticato la pipa vicino alla stalla.
Era una bellissima pipa intarsiata, così ho deciso di tornare a prenderla.
Poco prima di raggiungere il punto dove ero seduto (era buio come la pece
dappertutto), ho sentito una voce di gatto dire: «Miao!» e una voce di Ca-
lormeniano rispondere: «Avanti, gattone, vieni qui e parla più lentamente».
Così sono rimasto ad ascoltarli, immobile e intirizzito dal freddo. I due
personaggi erano il Rosso e Rishda il tarkaan, come lo chiamano quelli.
«Nobile tarkaan» fa il gatto con voce vellutata «vorrei sapere se abbiamo
pensato la stessa cosa, quando hai detto che Aslan è Tash e Tash è Aslan».
«Senza dubbio, o più sagace tra i gatti» risponde l'altro. «Vedo che hai
capito cosa volevo dire.»
«Volevi dire» continua il Rosso «che non esistono né l'uno né l'altro».
«Tutti gli esseri intelligenti e illuminati lo sanno» incalza il tarkaan.
«Allora tu e io ci capiamo al volo» lo blandisce il gatto, facendo le fusa.
«E poi non sei anche tu, come me, terribilmente stanco dello scimmione?»
«Quella stupida bestia, rozza e ignorante» conferma l'altro. «Ma per il
momento ci fa comodo. Tu e io dobbiamo tramare di nascosto e fare in
modo che la scimmia esegua i nostri ordini.»
«Non sarebbe meglio» prosegue il Rosso «se cercassimo di far venire
dalla nostra parte gli esseri più illuminati di Narnia? Potremmo cercare di
convincerli uno a uno. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci sostenga, per-
ché gli animali che credono in Aslan potrebbero ribellarsi da un momento
all'altro: lo farebbero sicuramente se lo scimmione, in preda a un raptus di
follia, dovesse confessare il suo segreto. Bisogna rivolgersi a quelli che
non credono in Tash né in Aslan ma guardano solo al proprio tornaconto; a
quelli che sarebbero lieti di incassare la ricompensa del Tisroc nel caso che
Narnia diventasse una provincia di Calormen».
«Davvero un piano diabolico» esclama il capitano. «Ma mi raccomando,
scegli con cura i nostri complici.»
Mentre il nano continuava il suo racconto, il tempo cambiò. C'era il sole
quando si erano seduti: adesso Enigma tremava e Diamante non riusciva a
muovere la testa per il freddo. Jill sollevò lo sguardo.
Si sta rannuvolando disse.
E fa freddo aggiunse Enigma.
Un freddo cane, per mille leoni esclamò Tirian, sfregandosi le
mani. Puah! Cos'è quest'odore disgustoso?
Mamma mia ansimò Eustachio. Sembra puzza di cadavere. C'è
un uccello morto da qualche parte? Perché non ce ne siamo accorti prima?
Diamante balzò in piedi e indicò un punto con il suo corno.
Guardate urlò. Guardate là!
Tutti e sei fissarono il punto indicato dall'unicorno e sui volti, si dipinse
un'espressione di orrore e sgomento.
8
I messaggi dell'aquila
Qualcosa si muoveva nella radura oltre gli alberi. La prima impressione
fu che procedesse lentamente verso nord; vista da lontano poteva essere
scambiata per una nuvola di fumo, perché era quasi trasparente: ma quel
puzzo mortale non era odore di fumo e la massa non cambiava forma, dila-
tandosi o accorciandosi come avviene di solito con una sfera gassosa.
Aveva un aspetto vagamente umano ma con testa di uccello: una sorta di
rapace con il becco minacciosamente ricurvo. Aveva quattro braccia che
teneva sollevate sulla testa e puntate verso nord, come se volesse afferrare
Narnia in una morsa terribile. Le dita, venti in tutto, erano simili a becchi e
terminavano in lunghi artigli affilati. Fluttuava sull'erba invece di cammi-
nare e il prato appassiva al suo passaggio.
Dopo avergli dato un'occhiata, Enigma ragliò di terrore e si dileguò nella
torre. Jill (che di solito non aveva paura di nulla) nascose il viso tra le mani
per non vedere. Gli altri continuarono a fissare l'essere mostruoso fino a
che scomparve nel bosco. Subito dopo tornò il sole e gli uccelli rico-
minciarono a cantare.
Un poco alla volta anche i componenti del gruppo ripresero fiato e co-
minciarono a muoversi. Finché il mostro non fu scomparso erano rimasti
impietriti.
Che cos'era? chiese sussurrando Eustachio.
L'ho già visto una volta rispose Tirian. Ma era scolpito nella
pietra, coperto d'oro e con due diamanti al posto degli occhi. È stato quan-
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